Ritardi e rinuncia alle cure: le scomode verità dell’emergenza sanitaria

Ecco perché i dati “ufficiali” sono inattendibili. Le testimonianze dirette di pazienti e associazioni, oltre alle tante ombre riscontrate. Ci aspettiamo che nella prossima Giunta, Bardi e Fanelli adottino la delibera urgente

Il 27 luglio dello scorso anno la Regione Basilicata dichiarò ufficialmente che 220.000 prestazioni sanitarie erano in lista di attesa, un numero di per sé già abbastanza impressionante, ma che non è nulla rispetto ad un ulteriore fenomeno, su cui non ci sono in Basilicata numeri precisi, ma il cui impatto (disastroso) sulle proprie vite i pazienti conoscono purtroppo bene.

Stiamo parlando dell’esercito di persone che, pur provando a prenotare tramite CUP regionale una prestazione, si sentono dire che le agende sono chiuse, o che la prima data disponibile è fra mesi e mesi, addirittura oltre un anno, rinunciando così a prenotare. Che fine faranno queste persone non lo sappiamo, ma lo possiamo dedurre facilmente: chi ha la disponibilità economica cercherà una soluzione a pagamento oppure andrà fuori regione e gli altri rinunceranno a curarsi. Basti vedere l’importante aumento della spesa sanitaria “out of pocket” (ovvero la spesa sostenuta direttamente dal privato cittadino per le prestazioni sanitarie) o il saldo di mobilità passiva che ha sfondato i 70 milioni di euro nell’ultimo anno (chissà quest’anno dove sarà arrivato). 

Secondo una ricerca EURISPES, il 33% dei cittadini nel corso del 2023 sarà stato costretto a rinunciare a una qualche prestazione sanitaria principalmente a causa dei lunghi tempi di attesa del servizio pubblico e dell’impossibilità di poter pagare di tasca propria. Ma se si vanno a consultare i dati sulle liste di attesa della Regione Basilicata, per molte prestazioni sembra che la situazione non sia così catastrofica. Ma è veramente così? Lo scopriremo a breve.

L’unica regione italiana che monitora in tempo reale la domanda sanitaria è la Toscana (ci chiediamo tra l’altro come mai, se la Toscana l’ha fatto, le altre regioni non possano copiare) e dai dati di questa regione emerge una richiesta maggiore di visite rispetto al periodo pre-covid di oltre il 25%. Quindi, con quasi assoluta certezza, anche nelle altre regioni è possibile immaginare che l’andamento sia il medesimo, pertanto verosimilmente servirebbe erogare più prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale. Si, ma quali e dove? Visto che in Basilicata non è stato mai fatto un censimento dei fabbisogni sanitari (così come sta chiedendo ormai da tempo e con forza l’Unità di Crisi). 

Si potrebbe pensare, prendendo di lato il discorso, che le prestazioni di cui ci sia maggiore necessità siano quelle i cui tempi di attesa siano i più lunghi; e ciò avrebbe anche un senso, ma c’è un grosso “ma” (ed arriviamo alla domanda di cui si è accennato prima): “sappiamo quali sono effettivamente le liste di attesa in Basilicata?”. La risposta è “ni” e vediamo perché. La risposta è “ni” perché sicuramente non lo sa la Regione, o quanto meno fa finta di non saperlo o non vuole farlo sapere. Ma si può nascondere una cosa del genere? Ovviamente no. Infatti, se la Regione non lo sa o fa finta di non saperlo, c’è d’altro canto qualcuno che sicuramente sa bene quali sono le vere liste di attesa. Chi è costui? La risposta è semplice: qualsiasi cittadino che ha necessità di una prestazione sanitaria per la quale vorrebbe accedere tramite il Servizio Sanitario Regionale. Provare per credere.

L’Unità di Crisi ci ha provato e i risultati, desolanti, li abbiamo resi noti il mese scorso, evidenziando tra l’altro le tante anomalie riscontrate (come le discrepanze fra le proposte del CUP telefonico e quello on line); basti ricordare che abbiamo trovato prestazioni per le quali non c’erano date disponibili in nessuna parte della Basilicata, altre con tempi di attesa di oltre un anno o giù di lì (LEGGI LA RILEVAZIONE LISTE DI ATTESA SETTEMBRE 2023). Un grave problema riscontrato non solo dalla nostra rilevazione empirica, ma anche da altre ricerche di associazioni dei pazienti e agenzie che si occupano di rilevazione statistica, ma soprattutto dai pazienti stessi, le cui testimonianze che arrivano tramite la nostra community Whatsapp e gli altri canali social sono a bizzeffe.

Le segnalazioni più comuni riguardano appuntamenti con liste di attesa di oltre un anno, di date non disponibili, di pazienti che dopo mesi di attesa vengono contattati il giorno prima per spostare l’appuntamento di ulteriori mesi per poi vedersi successivamente annullare del tutto la prestazione. Parliamo di visite cardiologiche, endocrinologiche, diabetologiche e anche oncologiche (di cui alleghiamo alcuni screenshot dei casi più emblematici).

In recenti incontri pubblici alcuni alti funzionari regionali hanno anche affermato che alla fine in Basilicata non abbiamo motivo di lamentarci, ci sono regioni in cui la situazione è peggiore (vuoi mettere la soddisfazione di non essere ultimi, ma penultimi o terzultimi!). Oppure che a breve usciranno i “veri” dati sulle liste di attesa e che spazzeranno via tutte queste fake news che sono in circolazione! Come se i cittadini dicessero menzogne.

Ma come mai tanta confusione? Ma i dati sulle liste di attesa non dovrebbero essere disponibili? Non esiste forse da anni una legge che prevede che le ASL forniscano pubblicamente i dati sulle liste di attesa?

Sì, infatti c’è un portale dove tutto ciò è consultabile, e infatti lo abbiamo consultato. E cosa emerge? Che i dati contenuti sono lontani anni luce dalle effettive liste di attesa riscontrabili alzando il telefono. Che non ci sono tutte le prestazioni (come ad esempio la polisonnografia). Che ci sono prestazioni la cui lista di attesa reale è anche il 500% in più di quelle indicate su tali portali. Inoltre, non c’è neanche la suddivisione per classi di priorità. 

Ma come è possibile? Semplice, perché la norma dice alle Regioni che devono inserire e pubblicare i dati sulle liste di attesa, ma le Regioni possono scegliere il criterio di inserimento e di rilevazione, adottando quindi il “più conveniente". Tanto anche se si inseriscono dati inutili e non veritieri non ci sono sanzioni. Così, alla fine viene svolto un lavoro che non serve a niente, fatto di dati inutili, che non produce nessuna programmazione, ma che serve solo per cercare di dimostrare in modo fittizio e ridicolo che se tutto non va nel migliore dei modi, almeno non è un disastro. 

Ma come si fa ad intervenire in modo efficace se mancano le informazioni complete e veritiere? E soprattutto, aldilà delle informazioni che a questo punto si rischierebbe di averle quando i pazienti saranno morti, si può restare senza far niente? Ovviamente no. Ecco perché ci aspettiamo che dopo l’ultimo Consiglio regionale sulla sanità accreditata, nella prossima riunione della Giunta regionale si proceda senza indugiare ulteriormente all’adozione del provvedimento che il Consiglio ha chiesto proprio sulle liste di attesa. Non si può continuare a nascondere la polvere sotto al tappeto. Il fattore tempo, a questo punto, è il primo fattore critico.

Quindi, care concittadine e cari concittadini, quando chiamate al CUP e vi dicono che non ci sono date, o che la prima disponibilità è fra un anno, calma e sangue freddo, sicuramente non si tratta di una vostra allucinazione, rispondete all’operatore che è impossibile aspettare tanto tempo, che è contro legge, dite all’operatore del CUP di controllare meglio, che sicuramente si tratterà di un errore, visto che la Regione ha detto che liste di attesa così lunghe sono fake news. Questa è la realtà, altro che fake news.