Emergenza sanitaria: sindacati, Unità di Crisi e associazioni di categoria sempre più compatti e pronti a difendere le aziende e i lavoratori

Ancora non arrivano i dovuti pagamenti e l’amarezza e la rabbia crescono all’interno del comparto della sanità accreditata: annunciate nuove iniziative

Amarezza e sconforto, ma anche tanta rabbia e, soprattutto, la consapevolezza di dover unire le forze per portare avanti con sempre più determinazione e fermezza la legittima lotta del comparto della sanità accreditata, al fine di salvare aziende, lavoratori e il diritto alla salute e alla libera scelta dei cittadini. È questa, in estrema sintesi, la descrizione di quanto emerso dalla riunione che si è tenuta fra le rappresentanze sindacali di CGIL, CILS e UIL con l’Unità di Crisi Sanitaria, Sanità Futura e ASPAT Basilicata.

Il destino delle strutture accreditate e dei suoi lavoratori è totalmente nelle mani del Presidente Vito Bardi che, nel corso dei precedenti incontri, ha promesso che avrebbe sbloccato i pagamenti per saldare il debito nei confronti delle aziende per le prestazioni erogate ai cittadini nell’ultimo trimestre 2022. Tuttavia, nel fare il punto della situazione, al momento nulla si è ancora mosso e nessuna ulteriore comunicazione è arrivata alle strutture al riguardo. Ricordiamo che la vertenza ha avuto il suo inizio a partire dall’agosto dell’anno scorso a causa della ormai tristemente famosa delibera regionale 482 le cui nefaste conseguenze erano già state prefigurate dalle strutture sanitarie accreditate riunite nel comitato Unità di Crisi. La Regione Basilicata, resasi conto del pasticcio, ha cercato di rimediare, benché parzialmente, tramite una legge approvata all’unanimità dall’intero Consiglio Regionale il quale più volte, sempre all’unanimità, ha indicato alla giunta d’impegnarsi a trovare le risorse necessarie per risolvere la grave situazione che avrebbe potuto compromettere il diritto alla salute dei cittadini lucani, oltre alla perdita di oltre 600 posti di lavoro. Siamo alla fine di gennaio 2023 e il lavoro svolto dai centri accreditati per conto della Regione Basilicata non è stato ancora remunerato, mettendo in crisi numerose strutture del comparto che rischiamo di dover definitivamente chiudere o licenziare gran parte dei propri collaboratori.

Su invito del Presidente Bardi e soprattutto per senso di responsabilità nei confronti dei cittadini, l’intero comparto ha ripreso ad accettare le ricette del SSN a partire dal 12 gennaio, ma sono passate altre due settimane senza che si sia mossa foglia, facendo peggiorare ulteriormente il quadro finanziario di molte aziende, con stipendi arretrati e numerosi creditori alle porte, prefigurando licenziamenti e ricorso agli ammortizzatori sociali. Queste sono le ragioni per cui i sindacati, l’Unità di Crisi, Sanità Futura e Aspat Basilicata si sono riuniti, per confrontarsi e trovare il modo di scongiurare la perdita di posti di lavoro.

L’augurio è che giunga al più presto una comunicazione positiva da parte della Regione, ma nel frattempo rimane l’insostenibilità economica per via di tre mesi di mancati pagamenti e resta il nodo, altrettanto cruciale, della programmazione per l’anno 2023 che è ancora in sospeso. 

Visto il quadro, al termine della riunione, è stato deciso di porre in atto in maniera congiunta due iniziative principali: l’Unità di Crisi, Sanità Futura ed Aspat Basilicata chiederanno la partecipazione dei sindacati ai tavoli regionali per la programmazione del 2023, oltre che delle associazioni dei pazienti, mentre i sindacati, in rappresentanza dei collaboratori delle strutture accreditate chiederanno in modo più deciso al prefetto di Potenza di convocare un tavolo inerente ai mancati pagamenti del 2022.

L’augurio e la speranza, per tutti, è che questa brutta vicenda si concluda positivamente e che si possa tornare a concentrarsi esclusivamente ad erogare nel migliore dei modi i servizi sanitari ai cittadini che, negli ultimi anni in Basilicata, stanno facendo sempre più fatica a veder soddisfatti i loro bisogni inerenti alla salute, soprattutto a causa di liste di attesa molto lunghe che si traducono in ritardo nelle cure, aggravarsi delle condizioni cliniche che poi portano anche ad un maggiore spesa da parte della Regione.