In Basilicata 1+1 fa 11!

I numeri non tornano. Spieghiamo perché con un racconto in 3 puntate

Intanto il bene dei lucani, tra liste di attesa e mobilità passiva, è sempre più difficile trovarlo nella realtà

Un attimo dopo che l’Unità di crisi ha inviato una richiesta di confronto urgente e pubblico a tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale, mettendola per conoscenza a tutti i parlamentari lucani e ai capigruppo regionali, si riaccende l’attenzione sulla crisi della sanità lucana.

Adesso spetta a noi inserire i riflettori su fatti precisi, evitando accuratamente il rumore di fondo che produce solo depistaggio. A mero titolo di cronaca, precisiamo che l’Unità di Crisi, come sempre, ha testardamente cercato il dialogo costruttivo, pubblico e trasparente. Non si stancherà mai. Eppure, dai palazzi continuano a sbandierare la necessità del dialogo, ed è fin troppo triste subire quello tra sordi.

Qualcuno può forse negare che le liste d’attesa sono vergognose, oltre che tragiche per i pazienti lucani, e che la sanità privata del servizio pubblico è stata dapprima osannata e poi calpestata e buttata nella spazzatura? Da questa superflua domanda, la cui risposta è scontata e riposa in pace nei fatti accaduti, accendiamo i riflettori su 3 elementi, con un racconto estivo da leggere in fretta, magari in spiaggia sotto l’ombrellone o, per i baciati dalla fortuna, in barca nel golfo di Sorrento.

Val bene una precisazione però: come per tutti i racconti romanzati, ovviamente, ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.  Attenzione, lo faremo a puntate! Con un po’ di inevitabile amara ironia, anche sui canali social. 

I 3 capitoli sono: 

Capitolo I: il gioco della confusione. 

Illuminiamo la confusione con questa prima puntata. Tranquilli, le altre seguiranno a breve. Premettiamo però che dobbiamo fare appello ad un po' di logica elementare. Bisognerà solo ricordare un po' di numeri.

L’articolo incriminato è l’art. 10 che si compone di 6 commi. Gli uffici dei ministeri (Finanze e Salute) contestano la “presunta” incostituzionalità dei commi 1 e 2 (riguardano i 4 milioni per prestazioni già erogate nel 2022).

Gli uffici regionali, o chi per loro, che fanno? Difendono la costituzionalità dei commi 1 e 2? Macché! Nemmeno per sogno. Mica sono pagati dai cittadini per svolgere bene il proprio lavoro. Stanno al gioco, ma forse non quello che dice di voler giocare il Presidente per il bene della Basilicata. 

Non rispondono nulla sui commi 1 e 2 (e mica so’ scemi!). Preferiscono rispondere sui commi 3, 4, 5 e 6, anche se nessuno gliel’ha chiesto. Lo fanno così, tanto per ingrossare la confusione iniziata dai colleghi ministeriali, i quali però, sui commi 3, 4, 5 e 6 non hanno scritto nulla, nemmeno una finta motivazione, come invece è accaduto per i commi 1 e 2. Ma chi se ne frega! Tanto passerà sicuramente inosservato, avrà suggerito qualcuno.

Abbiamo seguito con attenzione tutti i numeri? Bene, non finisce qui. Torniamo solo un attimo alla contestazione ministeriale dei commi 1 e 2. Riguarderebbe un presunto contrasto con una norma nazionale che vieta di pagare prestazioni oltre i tetti programmati con i fondi del Servizio Sanitario Nazionale. Piccolo dettaglio: le risorse per pagare le prestazioni richieste, volute ed erogate nel 2022, non sono state prese dal fondo del Servizio Sanitario Nazionale (ah no?), ma da un intervento integrativo regionale, con fondi propri del bilancio della Regione Basilicata.

Ma come, che storia è questa? Perché non gliel’hanno detto subito, perché i burocrati regionali hanno taciuto questa cosa tanto importante a quelli del MEF? Perché non gli hanno comunicato che esiste l’art. 13 (Autofinanziamento regionale) proprio in quella legge che è stata invocata per sopprimere il nostro art. 10? 

Semplice, che gioco sarebbe se rendessero chiare le questioni apparentemente complesse. Le questioni tra uffici, oltre a rimanere complesse, devono soprattutto apparire come tali. Anzi, di più. Se si aggiungono risposte sui commi 3, 4, 5 e 6, sebbene non contestati da nessuno, che oltretutto riguarderebbero l’anno 2023 e non il 2022, la confusione è prontamente aumentata e ben servita!

In questo solco, con questo gioco, con un pizzico di malefica creatività, si potrebbe paventare perfino l’abrogazione, senza alcun motivo, dell’intero art. 10. E poi, si potrebbe addirittura far finta di aver risolto una parte del problema (che non c’era) portando a casa l’attuazione degli altri 4 commi, quei famosi 5 milioni dell’ospedalità privata (che pure non c’è!) che però riguardano il 2023 e non il 2022. Magari a Natale, se va bene, per festeggiare finalmente la fine dell’anno di disgrazia 2023. Possiamo già indossare l’immeritata medaglia, tanto con questa confusione non se ne accorge nessuno che è di cartone.

Non devono sfuggire altri dettagli, sicuramente di scarsa importanza per gli artefici della confusione. Nel frattempo, 10 o 15 strutture dei piccoli territori possono saltare, cioè morire. E con loro, titolari e dipendenti. Tanto peggio tanto meglio, si dirà, così si crea spazio per nuove scorribande. Le liste di attesa non riusciranno nemmeno più ad esplodere perché i pazienti già rinunciano a prenotare, in pratica non ci saranno più liste, così un altro problema sarà risolto d'emblée. E se la mobilità sanitaria passiva, che ha già sfondato ogni tetto immaginabile, sarà l’unica scelta per i pazienti lucani, ancora meglio. La Basilicata, in questo caso sì, che spende le risorse del fondo sanitario che le vengono assegnate, per pagare però le altre regioni che curano i pazienti lucani. E avanti tutta e barra al centro, questa è la rotta giusta, sempre per il bene dei lucani, s’intende.

Buone vacanze a tutti e appuntamento al prossimo capitolo II con “l’ingenuità di un presidente”.

Michele Cataldi - Portavoce dell’Unità di Crisi Sanitaria di Basilicata